Come ogni anno, da molti anni a questa parte, la Settemari va a trovare gli amici del Club Vogatori Pavesi durante i “giorni della Merla”. I giorni più freddi dell’anno non hanno alcun effetto sugli intrepidi vogatori e gli arditi partecipanti alla sempre bella esperienza della risalita del Ticino.
Arrivati in tarda mattinata siamo stati accolti dall’affettuoso saluto di alcuni amici e da Alessandro; assieme a Luisa i due Presidenti hanno condotto tutti a pranzo, in un locale accogliente e giovanile dove sulla veranda siamo stati davvero viziati di cose buonissime e dei vini schietti di quelle terre.
Al termine del pranzo siamo stati affidati ad Antonio che con la sua verve, simpatia e competenza ci ha accompagnati a visitare alcuni luoghi storici e speciali, con qualche attinenza anche con Venezia.
Il Collegio Ghisleri, fondato nel 1567 da Papa Pio V (al secolo Antonio Ghisleri, divenuto Santo nel 1712) si è rivelato ai nostri occhi come un luogo carico di Storia, prestigioso per la Sapienza che infonde da secoli ai suoi alunni e dalla quale trae fama internazionale.
Tra i celebri “collegiali” vi fu anche il nostro caro Carlo Goldoni, che nel 1723 entrò al Ghisleri grazie a una borsa di studio ma dal quale fu però espulso neanche tre anni dopo a causa di un’opera satirica da lui composta e ispirata ad alcune fanciulle della borghesia locale . . .
Visitata la Cappella e gli altri spazi del collegio ci siamo diretti verso le torri medievali per arrivare alla Basilica di San Michele, capolavoro dello stile Romanico Lombardo sorto tra l’ XI e il XII secolo. Qui la pietra arenaria di cui è fatta la facciata ha mostrato tutto il suo fragile fascino, in cui il tempo sta via via cancellando le sculture e i bassorilievi e dove le storie narrate dagli scultori e dai lapicidi di mille anni fa stanno diventando solo intuizioni, senza però perdere ancor oggi l’emozionante e potente carica narrativa che gli uomini di quel tempo sapevano dare alle figure, ai simboli, alla natura.
Con un po’ di freddo accumulato ma senza alcuna stanchezza ci siamo diretti all’Università dove, nella prestigiosa Aula Scarpa dedicata al Professore di anatomia Antonio Scarpa nato nel 1752, si è tenuta la lezione di Gilberto Penzo sul tema “La Gondola” Storia ed evoluzione di un’icona dell’arte e della navigazione.
La simpatia e la competenza tecnico-scientifica di Gilberto hanno animato la prolusione e reso l’austera cavea del teatro anatomico molto accogliente, vivacizzata dalle immagini proiettate che si armonizzavano con i dipinti e le decorazioni di fine ‘700.
Senza sosta (che xe roba da véci!) siamo giunti nella Sede dei Vogatori Pavesi, la sempre bella e accogliente struttura galleggiante che segue il livello del fiume e respira con esso. Le luci riflesse sull’acqua ci hanno guidato all’interno attraverso una scalinata resa ripida dal basso livello del fiume e una tavolata lunga lunga si è riempita anche di sorrisi, battute, canti e un bellissimo omaggio fatto a ognuno di noi per ricordarci dell’incontro . . .
Notte tranquilla, clima ideale, ed ecco che alle 8.15 tutti di nuovo in Sede, per formare gli equipaggi e prender posto sulle barche, tipiche, basse, briscolose e familiari, mentre un folto gruppo di Venezianesi (cioè un gruppo fatto di Veneziani e Pavesi) si apprestava a seguire i vogatori via terra . . .
Barche a due, a quattro, e tutti ad affrontare la partenza su un punto molto critico e di forte corrente contraria. Esiti vari, incitazioni dal crinale della riva, fatica per tutti, e via che comincia la risalita; chi voga sempre, chi voga e para di tanto in tanto.
Su tutto regna un silenzio reso più ampio dalla fitta nebbia e sembra di esser soli, finché la sagoma di chi precede e il battere dei remi alle nostre spalle ci fa capire che siamo tutti assieme.
Si procede così, con il piacevole scandire delle soste che ci aspettano per un tè caldo, per un saluto con altri amici, per il reincotrare chi ci segue da terra.
Gli ultimi 3/400 metri sono i più impegnativi . . . Ce l’hanno detto. Hanno ragione. All’altezza di una rientranza vedo a sinistra un tronco disteso sull’acqua con dei rami che affiorano verso il cielo . . . Non ci faccio caso più di tanto e continuo a vogare. Dopo alcuni minuti, senza aver smesso di remare, distrattamente guardo a sinistra ed il tronco è ancora li; fermo lui e fermo io, e tutto il resto della barca e dell’equipaggio dietro di me. Un tapis roulant a cielo aperto, sconfortante ed entusiasmante al tempo stesso, da superare assolutamente! E così è . . .
Arrivati al termine ci si allinea a riva e la fila di barche si allunga porgendo la cima alla fune che le raccoglie tutte, quasi come le briglie attaccate allo steccato per far riposare i destrieri dopo una lunga cavalcata.
In effetti 4 ore con una corrente costante un po’ si sentono, ma l’ultimo sforzo per risalire la riva e dirigersi verso il ritrovo del pranzo è ben ripagato dal calore della compagnia e dal fuoco che arde nei bidoni, attorno ai quali volteggiano piatti, caraffe, ceste di pane e ogni bontà che il luogo esprime.
Si ritorna via fiume, ovviamente, e quelle 4 ore abbondanti diventano 50 minuti per arrivare in Sede, e ti chiedi se davvero al mattino hai fatto tu quel percorso, reso ora limpido e chiaro dall’alzarsi della nebbia che rivela la grande bellezza che abbiamo attraversato.
Arrivata l’ora di ripartire ci si saluta con affetto e ci si scambiano indirizzi, telefoni, social e foto, con la promessa di ritrovarci presto, a Venezia, per la Vogalonga 2017, ma anche prima (perché no?) per scattare un’altra foto così, con lo sfondo di Venezia e di altre emozioni da condividere . . .