Settemari in Ghetto
Tanti i contributi che i veneziani di religione ebraica hanno dato alla storia, alla cultura, alle tradizioni di Venezia.
È quanto hanno potuto approfondire i soci Settemari in una due giorni dedicata alla riscoperta della presenza ebraica a Venezia, prima con una interessantissima conferenza tenuta sabato 24 novembre dalla guida Sandro Zanon, eccellente sostituzione della direttrice del Museo ebraico Marcella Ansaldi improvvisamente impossibilitata a partecipare all’incontro, e poi domenica 25 con una visita alle Sinagoghe e al museo del ghetto.
502 anni sono trascorsi da quando fu formalizzata la presenza ebrea a Venezia con l’istituzione del Ghetto nel 1516, ma da molti secoli famiglie ebree frequentavano la città, tanto da ottenere la possibilità di seppellire i propri cari al Lido fin dalla metà del ‘300.
E questa secolare presenza si è sempre integrata con i veneziani di religione cristiana, mettendo a disposizione le loro apprezzate competenze mediche, finanziarie e commerciali.
Anche i Dogi si affidarono infatti ai consigli del grande Rabbi, medico e cabalista, Leon Modena, nella prima metà del ‘600, e anche il vescovo di Capodistria riconobbe negli stessi anni la grande cultura di Sara Copio Sullam, allieva di Modena, che tenne un apprezzato salotto letterario in Ghetto, frequentato dai sapienti dell’epoca.
Le porte del Ghetto si aprirono definitivamente nel fatidico 1797, quando la Serenissima cedette il passo alla Repubblica giacobina che, in sintonia con quanto aveva proclamato Robespierre a Parigi, riconobbe l’uguaglianza di tutti i cittadini e la libertà di culto. Una libertà che fu confermata anche dalla successiva dominazione austriaca.
E l’orgoglio veneziano fu interpretato in modo impareggiabile nella rivoluzione liberale del 1848-49 da Daniele Manin, nipote di un ex ebreo convertitosi al cattolicesimo nel 1759 e che aveva assunto, come da tradizione, il cognome del padrino, il fratello del futuro ultimo Doge Ludovico Manin.
E un altro ebreo veneziano assurse ai massimi onori, Luigi Luzzati, l’unico veneziano Presidente del Consiglio, che tenne le redini del governo italiano tra il 1910 e il 1911.
Ma quest’anno ricorrono anche gli ottant’anni delle inique leggi razziali che sconvolsero la vita della Comunità, seguite durante la Rsi dalle deportazioni e dall’olocausto.
Oggi la cultura ebraica ha ritrovato a Venezia un grande punto di riferimento mondiale e i circa 450 membri dell’università israelitica ne custodiscono i valori, pronti a condividerli, come hanno fatto con i soci Settemari.
E un pilastro delle tradizioni ebree è la cucina, che i soci hanno potuto assaporare in una cena preparata magistralmente dalla vicepresidente Margherita Scattolin, affiancata da un volonteroso team di socie, consentendo ai soci e agli ospiti vogatori di Pavia di apprezzare i sapori mediorientali e le prelibatezze della cucina kosher.